Deflazione, cause e rimedi

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La lenta ma inesorabile spirale deflazionistica che sta avvolgendo l’Europa, trova una spiegazione nell’andamento del tasso di cambio dell’Euro. Naturalmente non è l’unica, ma il cambio inusitatamente forte aiuta a spiegare il fenomeno.
La causa è da ricercare nel comportamento delle banche centrali: l’aumento dell’attivo della BCE, dovuto ai corposi rimborsi delle operazioni di LTRO da una parte e la continua creazione di base monetaria (seppur in lenta diminuzione a causa del tapering) da parte della FED dall’altra, hanno contribuito all’attuale forza dell’euro sul biglietto verde. Ci vorrà presumibilmente tutto il 2014 per vedere esaurita la manovra di riassorbimento della liquidità da parte della Fed, e chissà quanto tempo e quali misure, ancora allo studio, da parte della BCE per tentare di porre un freno alla spirale deflazionistica. Sembra sempre più lontana l’ipotesi di intraprendere operazioni di riacquisto di ABS o di sospensione della sterilizzazione della liquidità derivante dalle operazioni di LTRO (a causa della ridotta duration dei titoli oggetto delle operazioni). Estrema ratio, non più osteggiata come in passato dalla componente germanica, risulterebbe essere il Quantitative Easing sul modello anglosassone. Addirittura un istituto tedesco di ricerca si spinge oltre, affermando come la BCE dovrebbe intraprendere al più presto un programma di QE da 65 miliardi di euro al mese, acquistando obbligazioni governative e non, dei paesi dell’eurozona, per combattere la deflazione.
Dunque qualcosa si sta muovendo, ed il famigerato QE potrebbe essere presto sdoganato anche in Europa.
Rimane comunque un nodo cruciale, che passa necessariamente attraverso il tasso di cambio. Tutte le misure che verranno poste in essere, dovranno necessariamente avere come obiettivo quello di indebolire l’euro contro le principali divise. Se proprio si vuole interrompere il ciclo deflattivo, si dovrà necessariamente agire sulla variabile cambio.
L’euro forte, potremmo magicamente scoprire, non è la conseguenza della discesa dei prezzi e dell’inflazione, ma potrebbe esserne la principale causa.

I Tre Cambiamenti

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Il processo di normalizzazione è iniziato! Il cambiamento in atto nei mercati finanziari, sta spostando l’attenzione dai due fattori che hanno dominato la scena negli ultimi cinque anni (rischio sistemico del debito nell’Eurozona e politiche monetarie delle Banche Centrali) verso altri due elementi che lentamente stanno prendendo piede: il ciclo economico e il ciclo degli utili aziendali. Si tornerà dunque a guardare ai cari vecchi fondamentali macroeconomici e agli utili aziendali come driver principali dei mercati finanziari.

Nei prossimi mesi tre classi d’investimento saranno sotto i riflettori:

  • Le divise, con un ruolo chiave giocato dal Dollaro Usa, che potrebbe rivedere gli antichi splendori di un rafforzamento nel medio periodo.
  • L’oro, sotto pressione con crescenti prospettive di caduta dei prezzi.
  • I titoli di Stato governativi cosiddetti safe-heaven, come il treasury usa e il bund tedesco.

Il dollaro potrebbe riguadagnare lo status di divisa ciclica, cioè che si muove in sintonia con il ciclo economico. Al pari di un’espansione dell’economia USA nel corso del prossimo anno, dovremmo assistere ad un apprezzamento della divisa. Probabilmente il prossimo autunno, quando i dettagli della politica di exit strategy della Fed sarà meglio definita, assisteremo all’inizio del ciclo di rafforzamento. Probabilmente il target sarà 1,22 – 1,20 contro Euro.

Di contrasto, il termine del quantitative easing e il rafforzamento del dollaro, porteranno inevitabilmente alla discesa del prezzo dell’oro. La diminuzione dei rischi sistemici e di paura dell’iperinflazione, faranno perdere al lingotto lo status di investimento rifugio in tempo di crisi.

Il sentiero di normalizzazione dei tassi di interesse è appena cominciato. Probabilmente la parte di rialzi dei tassi avvenuta nell’ultimo mese su tutti i mercati obbligazionari mondiali, si prenderà una breve pausa. Continuerà la fase di volatilità dei mercati durante l’estate; assisteremo a una rinnovata spinta al rialzo dei tassi con l’approssimarsi dell’autunno, fase in cui verranno esplicitati i dettagli del tapering della Fed. E’ possibile assistere ad un leggero decoupling dei tassi a favore della zona euro, cioè i tassi saliranno meno in Europa, rispetto ai tassi Usa, a causa della differente velocità di recupero del ciclo economico.

 

Pronto al decollo

La principale novità del mese di maggio, oltre all’ormai cronico ritardo della primavera, è stato l’aumento della probabilità che la Federal Reserve inizi a ridurre il ritmo di acquisto di titoli (tapering) e quindi il QE3 entro l’estate. Gli appuntamenti estivi con il FOMC saranno tre: 19 Giugno, 31 Luglio e 18 Settembre. La Fed ha quindi anche il tempo, volendo, di preparare meglio i mercati prima di intraprendere il cammino inverso, iniziato nel Marzo 2009.

L’impatto sul dollaro USA è stato significativo: il biglietto verde si apprezzato visibilmente contro tutte le divise, come mostra il grafico del Dollar Index, rivedendo massimi abbandonati circa un anno fa.

Il rafforzamento del dollaro ha seguito l’ascesa dei rendimenti americani avvenuto su praticamente tutte le scadenze, dal breve al lungo, giustificata anche dal miglioramento emerso dai dati macro (primo fra tutti l’employment report a inizio mese, che la Fed segue con grande attenzione, per poi chiudere con l’ottimo dato sulla fiducia dei consumatori verso fine mese).

In parte il dollaro si è rafforzato anche sui segnali di indebolimento della crescita cinese, che hanno avuto come primo effetto quello di far scendere ancora i prezzi delle materie prime, nonchè le valute dei paesi fortemente esposti al ciclo cinese e/o alle commodities (in primis dollaro australiano e neozelandese, ma anche dollaro canadese).

Si tratta presumibilmente di un assaggio di quello che dovrebbe accadere quando la Fed annuncerà effettivamente l’inizio della riduzione del QE, sviluppo che riteniamo favorevole al dollaro contro tutte le valute, almeno a livello di impatto immediato. Un’eventuale differenziazione nel comportamento tra valute potrebbe prodursi in un secondo momento.

L’effetto ribassista sull’euro potrebbe essere invece più ampio nella fase di impatto, per poi smorzarsi successivamente. Pertanto l’apprezzamento realizzato dal biglietto verde nel corso del mese di maggio non sembra destinato a rientrare, ma abbia invece spazio per estendersi ulteriormente se la politica monetaria mutasse orientamento.

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Il mondo nuovo

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Soffermiamoci per un momento su un tema che potrebbe fornire spunti interessanti nei prossimi mesi; quello della correlazione tra dollaro e mercati azionari.
Abbiamo analizzato la correlazione tra la divisa statunitense e l’indice di borsa italiana. Scelta non casuale per via della inversa correlazione fino ad ora manifestata tra i due mercati. Ma è sempre stato così? Certamente no; dal 2008 il mondo è cambiato. Dopo Lehman osserviamo una correlazione inversa tra le due asset class, mentre prima era esattamente l’opposto. Però dopo anni in cui il QE delle Banche Centrali e la propensione al rischio degli operatori (risk on, risk off) ha favorito la correlazione inversa, ora si propende a pensare ad un ripristino dell’antico adagio: borse su e dollaro su.
È plausibile ritenere che le performance rialziste del dollaro continueranno anche nelle prossime settimane e l’andamento (ad oggi positivo) dei fondamentali USA continuerà ad attirare flussi di capitale.
Recentemente, sembra che il rapporto del USD con la generale propensione al rischio stia cambiando, sottolineato dalla crescente correlazione tra il dollaro e l’andamento dei mercati finanziari.
In altre parole, ciò implica che il Dollaro non è più utilizzato come valuta di rifinanziamento come lo era prima e inizia a mostrare alcune delle caratteristiche di una “asset currency”. Si tratta di una view coerente con lo stimolo portato avanti dalla Fed che sta guidando il mercato degli asset, piuttosto che l’appetito al rischio.
Ci aspettiamo che le performance rialziste del mercato USA continueranno a guidare al rialzo anche il dollaro, individuando per questo principalmente due cause:
la liquidità a livello globale è forte;
altre valute di finanziamento stanno emergendo.
USD al rialzo contro EUR, GBP e JPY?
Probabilmente il rialzo del Dollaro avrà particolare effetto soprattutto su Euro, Sterlina e Yen.
Crediamo che ogni nuova forma di volatilità nelle zone periferiche dell’unione monetaria (EMU), derivante dalla continua incertezza politica, possa gravare sul corso dell’Euro nei prossimi mesi.
L’erosione degli introiti reali in Giappone e nel Regno Unito spingerà gli investitori a cercare profitti maggiori altrove. Di conseguenza, ciò terrà lo Yen e la Sterlina sotto forti pressioni.

Quota 100

936802-moneta-dorata-del-circuito-integrato-di-simbolo-di-yen-su-priorita-bassa-biancaLa divisa Giapponese ha superato una barriera psicologica contro dollaro per la prima volta da quattro anni, ponendo le basi per un ulteriore indebolimento della valuta, peraltro visto come una manna per gli esportatori Giapponesi e per l’economia in generale.
Per mesi lo Yen ha stazionato in prossimità della soglia dei 100 per dollaro, poi nella tarda serata di ieri ha infranto la magica soglia. I traders affermano che il trigger della debolezza è da ricercarsi nelle stop losses scattate nel tardo pomeriggio, riposizionamenti che hanno scatenato la vendita della divisa Giapponese, ed il contestuale acquisto di dollari Usa.
Sostanzialmente la debolezza dello Yen contro le maggiori divise è cominciata a Novembre 2012, da quando il premier Abe ha dichiarato guerra alla deflazione e a due decenni di stagnazione, per ridare slancio al paese.
La svalutazione repentina ha incrementato i profitti degli esportatori giapponesi e scatenato un rally massiccio sul mercato equity, con il Nikkei 225 in rialzo del 40% quest’anno !!!.
Ulteriore debolezza della divisa è attesa nei mesi a venire, con un’inflazione in aumento, mercato azionario e prezzi delle abitazioni in crescita. Ma a che prezzo?
Una massiccia e repentina svalutazione potrebbe far incorrere nelle ire dei partner commerciali del Giappone, man mano che i propri esportatori diventano più competitivi. Gli investitori e i traders si aspettavano questa rottura di livelli, dopo che nelle scorse settimana la Banca Centrale Giapponese aveva annunciato il massiccio programma di acquisto di asset.
La rottura di questi livelli apre la porta ad un calo ulteriore dell’ordine del 5% e alla possibilità di vedere Y110 per la fine dell’anno. Ripercussioni politiche permettendo.