ECB espande verso la normalizzazione

Ecco perché il passaggio verso la normalizzazione non potrà avvenire così rapidamente.

 Sulla falsariga della FED il processo sarà lungo; sono trascorsi infatti 14 mesi tra la fine del programma di acquisti da parte della FED e il primo rialzo dei tassi di interesse; ci sono voluti quasi tre anni per iniziare la riduzione del bilancio.

La BCE però si ritrova con rischi di recessione crescenti e con timori di disinflazione che si stanno rimaterializzando.

In Europa, il maggior canale attraverso cui le aziende si approvvigionano di liquidità è il canale del prestito bancario. La banca centrale dovrà monitorare attentamente questo aspetto: che tale canale non si prosciughi a causa della fine dell’acquisto di asset e sopratutto per la brusca interruzione della liquidità di sistema fornita in passato attraverso lo strumento della TLTRO.

Oltre 720 miliardi di euro di liquidità fornita attraverso questi canali sono ancora in essere; 489 miliardi scadranno nel 2020, con il rimanente nell’anno seguente.

Ciò significa che, senza nessuna azione, come ad esempio la fine del reinvestimento dei titoli in scadenza, il bilancio della BCE si contrarrebbe del 6% del GDP solo nel primo trimestre!

Ciò rappresenterebbe una contrazione improvvisa e repentina del bilancio, che nemmeno la FED ha mai sperimentato nel periodo in cui ha iniziato a ridurre il bilancio. Addirittura, la contrazione potrebbe essere ancora più incisiva se consideriamo che entro giugno di quest’anno, circa 400 miliardi di euro di finanziamenti ECB avranno una maturity inferiore all’anno e quindi non più eligibili per le banche dell’eurozona.

L’implicazione è che se la ECB non fornisse un nuovo round di finanziamento a lungo termine, si rischierebbe un atteggiamento restrittivo, associato ad un contesto economico in rallentamento.

L’iniezione di ulteriore liquidità non sarebbe in contrasto con l’idea di normalizzazione della politica monetaria, sopratutto se accompagnata ad esempio da un incremento dei tassi sui depositi verso lo zero.

Ancora una fetta, prego…

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Il mercato non ne ha mai abbastanza; non è mai sazio. Appena il tempo di archiviare l’ultimo meeting di politica monetaria, in cui la Banca Centrale Europea ha sfoggiato il proprio arsenale di tutto rispetto, e già gli operatori guardano avanti, ai prossimi mesi a venire, al famigerato Quantitative Easing.

Il maxi pacchetto di interventi ha lo scopo di allentare la stance di politica monetaria, favorirne la trasmissione all’economia reale, riaffermare la determinazione della BCE ad usare strumenti non convenzionali se necessario.

In realtà il timore è che il pacchetto di misure intraprese, difficilmente riuscirà a raggiungere lo scopo: avrà certamente effetti sul tasso di inflazione, ma non è così aggressiva  come sembri a prima vista e ulteriori misure di politica monetaria saranno necessarie in futuro.

Vediamo brevemente le motivazioni che spingono a tali conclusioni:

  • L’insieme di misure approvato ieri, in termini di allentamento monetario, è di lieve entità; pare più un tentativo di migliorare i canali di trasmissione di politica monetaria tentando di ripristinare il canale dei prestiti da parte delle banche. Per esempio la nuova operazione di TLTRO contribuirà sicuramente a diminuire la frammentazione nel mercato del credito attualmente in atto nei vari paesi dell’Eurozona, ma difficilmente avrà effetti tangibili sulla dinamica inflazionistica.
  • La decisione di sospendere la sterilizzazione della liquidità iniettata attraverso il SMP, ha da oggi implicazioni di politica monetaria, mentre in precedenza aveva solamente lo scopo di ripristinare i disequilibri sul mercati obbligazionari governativi. Visto l’importo esiguo ancora in essere (circa 175 miliardi di euro), sarebbe stato preferibile iniettare liquidità nel sistema attraverso l’annuncio di un nuovo programma di riacquisto titoli.
  • L’annuncio di operazioni su ABS basati esclusivamente su asset reali non complessi, è significativa. Tuttavia il mercato degli ABS è attualmente molto piccolo, vista l’esclusione della fetta più ampia di strumenti legati ai mutui residenziali. Di conseguenza, almeno in questo ambito, il potenziale risulta limitato, a patto che il mercato si sviluppi parallelamente appena la BCE decida di partire con le operazioni di riacquisto. La tipologia di operazioni su ABS  è quindi improbabile che abbia un impatto significativo sull’inflazione, in special modo nei paesi europei cosiddetti core. Analoghi gli effetti sul mercato delle divise, dove difficilmente una tale misura influenzerebbe l’indebolimento dell’euro.
  • Manca completamente l’unica misura di politica monetaria in grado di far ripartire l’inflazione: Il riacquisto di debito corporate e di debito europeo sia governativo che sovranazionale. Questa misura avrebbe effetti immediati sul tasso di cambio e sul tasso di inflazione dei paesi core e non core.

Naturalmente gli eventi ci porteranno verso questo ultimo punto; magari verso l’autunno, quando sarà terminata l’Asset Quality Review sulle banche europee e l’inflazione sarà ancora languidamente intorno allo zero.