Ancora una fetta, prego…

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Il mercato non ne ha mai abbastanza; non è mai sazio. Appena il tempo di archiviare l’ultimo meeting di politica monetaria, in cui la Banca Centrale Europea ha sfoggiato il proprio arsenale di tutto rispetto, e già gli operatori guardano avanti, ai prossimi mesi a venire, al famigerato Quantitative Easing.

Il maxi pacchetto di interventi ha lo scopo di allentare la stance di politica monetaria, favorirne la trasmissione all’economia reale, riaffermare la determinazione della BCE ad usare strumenti non convenzionali se necessario.

In realtà il timore è che il pacchetto di misure intraprese, difficilmente riuscirà a raggiungere lo scopo: avrà certamente effetti sul tasso di inflazione, ma non è così aggressiva  come sembri a prima vista e ulteriori misure di politica monetaria saranno necessarie in futuro.

Vediamo brevemente le motivazioni che spingono a tali conclusioni:

  • L’insieme di misure approvato ieri, in termini di allentamento monetario, è di lieve entità; pare più un tentativo di migliorare i canali di trasmissione di politica monetaria tentando di ripristinare il canale dei prestiti da parte delle banche. Per esempio la nuova operazione di TLTRO contribuirà sicuramente a diminuire la frammentazione nel mercato del credito attualmente in atto nei vari paesi dell’Eurozona, ma difficilmente avrà effetti tangibili sulla dinamica inflazionistica.
  • La decisione di sospendere la sterilizzazione della liquidità iniettata attraverso il SMP, ha da oggi implicazioni di politica monetaria, mentre in precedenza aveva solamente lo scopo di ripristinare i disequilibri sul mercati obbligazionari governativi. Visto l’importo esiguo ancora in essere (circa 175 miliardi di euro), sarebbe stato preferibile iniettare liquidità nel sistema attraverso l’annuncio di un nuovo programma di riacquisto titoli.
  • L’annuncio di operazioni su ABS basati esclusivamente su asset reali non complessi, è significativa. Tuttavia il mercato degli ABS è attualmente molto piccolo, vista l’esclusione della fetta più ampia di strumenti legati ai mutui residenziali. Di conseguenza, almeno in questo ambito, il potenziale risulta limitato, a patto che il mercato si sviluppi parallelamente appena la BCE decida di partire con le operazioni di riacquisto. La tipologia di operazioni su ABS  è quindi improbabile che abbia un impatto significativo sull’inflazione, in special modo nei paesi europei cosiddetti core. Analoghi gli effetti sul mercato delle divise, dove difficilmente una tale misura influenzerebbe l’indebolimento dell’euro.
  • Manca completamente l’unica misura di politica monetaria in grado di far ripartire l’inflazione: Il riacquisto di debito corporate e di debito europeo sia governativo che sovranazionale. Questa misura avrebbe effetti immediati sul tasso di cambio e sul tasso di inflazione dei paesi core e non core.

Naturalmente gli eventi ci porteranno verso questo ultimo punto; magari verso l’autunno, quando sarà terminata l’Asset Quality Review sulle banche europee e l’inflazione sarà ancora languidamente intorno allo zero.

La differenza sostanziale

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Una cosa sembra essere chiara ormai, alla luce del recente meeting della BCE tenutosi ieri: L’Europa e gli Stati Uniti sono profondamente diversi !!!!

Durante la conferenza stampa, Draghi pressato da ogni parte da domande che riguardavano le varie forme ed espressioni che potevano essere assunte dal QE all’europea, il governatore ha chiarito un aspetto fondamentale. Il sistema finanziario europeo è sempre stato e attualmente lo è, esclusivamente bancocentrico. Il sistema economico americano invece è storicamente basato sul mercato dei capitali, legato cioè al mercato azionario come fonte di approvigionamento di liquidità e capitale.

In Europa quindi, ogni forma di quantitative easing, dovrà necessariamente tenere conto che il canale principale della trasmissione di politica monetaria all’economia reale è fortemente dipendente dal settore bancario.

Probabilmente la prossima mossa relativa a politiche monetarie non convenzionali che forniranno supporto all’economia e alle piccole medie imprese, includeranno un programma di acquisto di ABS. Tuttavia se una operazione su vasta scala di QE sarà richiesta a causa della materializzazione concreta di rischi di deflazione, allora la banca centrale si impegnerà anche in acquisti di titoli governativi.

Sono almeno quattro le ragioni che potrebbero spingere la BCE ad agire:

  1. Una bassa inflazione prolungata nel tempo potrebbe creare problemi nel disancorare le aspettative di inflazione futura.
  2. Il processo di svalutazione interna in cui sono impegnati molti paesi periferici è reso molto difficoltoso dalla presenza di un’inflazione allo 0,5%: costringerebbe i salari nominali e i prezzi a sconfinare in territorio negativo.
  3. L’operazione di deleveraging in cui sono impegnati i settori privati e pubblici di numerosi Paesi è particolarmente difficile in un contesto di bassa inflazione.
  4. In tale contesto, anche piccoli errori nelle misurazioni statistiche sarebbero fonte di preoccupazione, in quanto potrebbero portare l’inflazione in territorio negativo.

Deflazione, cause e rimedi

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La lenta ma inesorabile spirale deflazionistica che sta avvolgendo l’Europa, trova una spiegazione nell’andamento del tasso di cambio dell’Euro. Naturalmente non è l’unica, ma il cambio inusitatamente forte aiuta a spiegare il fenomeno.
La causa è da ricercare nel comportamento delle banche centrali: l’aumento dell’attivo della BCE, dovuto ai corposi rimborsi delle operazioni di LTRO da una parte e la continua creazione di base monetaria (seppur in lenta diminuzione a causa del tapering) da parte della FED dall’altra, hanno contribuito all’attuale forza dell’euro sul biglietto verde. Ci vorrà presumibilmente tutto il 2014 per vedere esaurita la manovra di riassorbimento della liquidità da parte della Fed, e chissà quanto tempo e quali misure, ancora allo studio, da parte della BCE per tentare di porre un freno alla spirale deflazionistica. Sembra sempre più lontana l’ipotesi di intraprendere operazioni di riacquisto di ABS o di sospensione della sterilizzazione della liquidità derivante dalle operazioni di LTRO (a causa della ridotta duration dei titoli oggetto delle operazioni). Estrema ratio, non più osteggiata come in passato dalla componente germanica, risulterebbe essere il Quantitative Easing sul modello anglosassone. Addirittura un istituto tedesco di ricerca si spinge oltre, affermando come la BCE dovrebbe intraprendere al più presto un programma di QE da 65 miliardi di euro al mese, acquistando obbligazioni governative e non, dei paesi dell’eurozona, per combattere la deflazione.
Dunque qualcosa si sta muovendo, ed il famigerato QE potrebbe essere presto sdoganato anche in Europa.
Rimane comunque un nodo cruciale, che passa necessariamente attraverso il tasso di cambio. Tutte le misure che verranno poste in essere, dovranno necessariamente avere come obiettivo quello di indebolire l’euro contro le principali divise. Se proprio si vuole interrompere il ciclo deflattivo, si dovrà necessariamente agire sulla variabile cambio.
L’euro forte, potremmo magicamente scoprire, non è la conseguenza della discesa dei prezzi e dell’inflazione, ma potrebbe esserne la principale causa.