Tempo di convertibili

untitledChiaramente non ci riferiamo alla tipologia di automobile “dotata di tetto pieghevole”, che viene rappresentata in foto; anche perchè vista la stagione, rischieremmo quantomeno un raffreddore.

Ci riferiamo invece ad una asset class un po’ sofisticata, ma che vale la pena di prendere in considerazione in questa fase di mercato.

Il ritorno economico delle obbligazioni convertibili è legata a tre diverse fonti indipendenti: Il rendimento, l’opzione sottostante e il mercato azionario. Questa combinazione di fattori aiuta a ridurre la volatilità e fornisce maggiore stabilità alla classe di investimento.

E’ un investimento ciclico ideale in un contesto di tassi di interesse in risalita e mercati azionari in ripresa. Nel lungo termine il ritorno delle obbligazioni convertibili è molto vicino a quello dell’azionario ma con meno volatilità.

Il vantaggio chiave di questo investimento è la riduzione del rischio di “market time”, che storicamente è uno dei fattori chiave più difficili da prevedere quando ci si vuole affacciare sul mercato ed effettuare un investimento.

Storicamente tali obbligazioni hanno fornito una valida alternativa per gli investitori sul reddito fisso.

convertQui a lato un esempio della performance di un titolo convertibile confrontato con l’equivalente corporate bond…

Lo scenario prossimo venturo rimane favorevole per questa asset class, con rendimenti ancora appetibili. La comparazione con l’equivalente bond corporate dovrebbe essere a favore delle convertibili. Per i bond europei potremo assistere ad un repricing del margine di rendimento tra i 200 e i 300 bps a favore dei convertibili rispetti ai bond tradizionali.

Il destino dei Treasuries

Treasury-seal

Per i posteri, settembre 2013 verrà probabilmente ricordato come il punto d’arrivo della fase espansiva del bilancio della FED. Ormai pare imminente l’inizio del processo di riassorbimento della liquidità generata dagli acquisti di treasuries e MBS iniziato nel lontano 2008. Il processo durerà circa un anno, con una prima riduzione degli acquisti di 10 bn$ di treasury e 5 bn$ di MBS. Se verosimilmente il primo intervento sui tassi ufficiali dovrà avvenire nel corso del 2015, e il tapering dovrà durare circa 12 mesi, allora l’inizio della fase di riduzione dovrà necessariamente coincidere con la riunione di settembre; al più tardi, in caso di dati deludenti sul fronte della disoccupazione, nel prossimo dicembre.

L’effetto annuncio del tapering da parte della FED ha già generato un potente effetto sulla curva dei tassi dei treasury. Dal 20 marzo, data del FOMC, il tasso a 10 anni si è mosso al rialzo di circa 100 bps. Numerosi modelli di previsione concordano sul fatto che la manovra di settembre sia ormai a pieno prezzata nell’attuale curva dei tassi. Forse qualche variazione potrà essere generata, in caso di modifiche dei quantitativi di riduzione o della data di inizio della manovra, ma ormai il movimento incorpora ampiamente lo scenario.

Ma quale scenario si prospetta per il mercato obbligazionario americano, subito dopo l’inizio della fase di tapering ?!?!

Inevitabilmente negativo… e per due ordini di motivi legati essenzialmente a modifiche sul lato dell’offerta e della domanda.

Le emissioni nette di treasuries sono destinate ad aumentare, sopratutto nel periodo post taper. Le emissioni nette sono state effettivamente ridotte dall’espansione del bilancio della FED, tuttavia sono destinate ad incrementarsi notevolmente nel corso del 2014.

Allo stesso tempo, anche dal lato della domanda, stiamo assistendo ad una diminuzione della richiesta da parte di investitori esteri, banche centrali, e banche commerciali.

Quando la FED ha iniziato la campagna di espansione monetaria nel 2008, la domanda di treasuries da parte di questi soggetti si è incrementata a dismisura. La domanda estera ha raggiunto un picco nel corso del 2010 ed è ormai in declino da diversi anni; più recente e repentino è stato il calo della domanda da parte delle banche centrali. Le banche commerciali nel corso degli ultimi mesi sono stati venditori netti di carta, anche per una politica di bilancio e di utili aziendali (limitare le minusvalenze su titoli).

In conclusione, nonostante l’azione della FED, attesa per settembre, sia ampiamente incorporata nei tassi dei titoli governativi americani, il termine dell’espansione monetaria vera e propria attesa per il 2015, unitamente ad altri fattori legati alle dinamiche della domanda e dell’offerta, genereranno pressioni al rialzo sui tassi nei periodi a venire.

Per fine anno si attendono tassi a 10 anni attorno al 3% e tassi del 3,5% per la metà del 2014, una volta che il programma di riacquisto di titoli da parte della FED è giunto al termine.