La stagnazione perpetua

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Lo scorso 16 Novembre, l’ex segretario al Tesoro americano Larry Summers ha tenuto un discorso provocatorio ad una conferenza del Fondo Monetario, dove ha sostenuto che un’epoca di stagnazione duratura, in cui l’equilibrio dei tassi di interesse è negativo, potrebbe spiegare la mancanza di pressioni inflazionistiche sperimentato negli anni del boom della decade precedente e nel corso del lento recupero post crisi del 2007.

Negli anni precedenti la crisi e la recessione, il denaro facile e le politiche di regolamentazione poco stringenti avrebbero dovuto favorire pressioni al rialzo sulla domanda, una ripresa dell’inflazione e una situazione simile ad un boom economico. Ma in realtà nulla di tutto ciò è avvenuto; l’economia non si è surriscaldata e si è assistito ad una fase di relativa crescita senza slancio.

Negli anni compresi tra la crisi e la recessione, il recupero sarebbe dovuto essere relativamente forte, una volta che il panico fosse cessato. In realtà la ripresa dell’economia è stata relativamente fiacca. L’occupazione, intesa come percentuale della popolazione in età lavorativa, non è aumentata e il gap presente tra il GDP reale e il GDP potenziale non si è chiuso.

Un periodo estremamente prolungato di declino nell’equilibrio dei tassi reali, ha completamente disinnescato qualsiasi effetto positivo sulla domanda, dovuti alla politica dei bassi tassi di interesse prima della crisi. Anche attualmente, con una politica dei tassi di interesse a zero, il basso equilibrio nei tassi di interesse lascia l’economia in uno stato di prostrazione.

Dobbiamo quindi chiederci negli anni a venire, come gestire un’economia in cui i tassi nominali vicini allo zero siano un cronico e sistemico inibitore dell’attività economica, che costringe le nostre economie a viaggiare ben al di sotto del loro potenziale.

La sfida alla deflazione

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Tutte le maggiori Banche Centrali sono impegnate nella battaglia alla deflazione. La Banca del Giappone è impegnata a porre fine una decennale deflazione, annunciando un obiettivo del 2% del tasso di inflazione, impegnandosi a raggiungerlo utilizzando la più grande e aggressiva leva monetaria della sua storia. Il risultato lusinghiero è stato passare da un livello di deflazione dell’1,5% ad un livello zero.

Le altre banche centrali dovrebbero seguire l’esempio del Giappone, coordinandosi nell’acquisto di maggiori asset con lo scopo di stimolare la domanda interna, evitando quello spiacevole inconveniente dei movimenti erratici delle monete che invece avremmo se solo una o non tutte le banche centrali procedessero nell’attività di monetizzazione.

Se le aspettative di inflazione fossero aumentate a livello globale, i tassi di interesse reali e i salari reali diminuirebbero e la crescita della domanda globale inizierebbe un percorso di recupero.

Le banche centrali, specialmente la BCE, ha assoluto bisogno di smettere di preoccuparsi di una possibile bolla degli asset e ad un futuro problema di inflazione, e cominciare a preoccuparsi invece dell’arrivo della deflazione.

Il faticoso gioco a ping pong della FED riguardo al tapering non fa altro che incrementare le possibilità che l’economia Americana torni a ristagnare, sotto la spinta del peso fiscale e monetario, e ritornare sul sentiero di crescita recessivo attorno all’1%.

La BCE deve riconoscere che il suo mandato è la stabilità dei prezzi, ciò significa sì evitare un percorso di alta inflazione, ma anche cercare di evitare una futura e potenziale deflazione.

Le banche centrali dovrebbero cominciare a parlare su come agire se l’economia globale ritornasse ad indebolirsi rispetto a quanto ci si attende, invece di discutere solamente su come rimuovere lo stimolo se l’economia crescesse a ritmi più robusti. Potrebbero così evitare un eventuale brutto colpo per il 2014.

Verso la guarigione

Cappella_brancacci,_Guarigione_dello_storpio_e_resurrezione_di_Tabita_(restaurato),_MasolinoVediamo brevemente gli spunti operativi per il 2014…

I mercati azionari dei paesi sviluppati (Europa e Stati Uniti) presentano ancora un potenziale rialzo. Nel 2014 la FED dovrebbe essere la prima a ridurre le iniezioni di liquidità; è ipotizzabile che questo processo sia accolto positivamente dai mercati perchè l’economia è in via di guarigione.

I paesi sviluppati continueranno però a beneficiare delle cure ricostituenti delle banche centrali e le economie, così come i mercati, proseguiranno verso la normalizzazione, il che dovrebbe favorire ancora le azioni nel corso dell’anno.

L’anno prossimo ci attendiamo inoltre un ciclo di crescita più maturo grazie alla prevista ripresa del commercio mondiale e al recupero della spesa per investimenti da parte delle imprese. Più che un ritorno al periodo 2006-2007, ci attendiamo un nuovo ciclo di crescita, questa volta più equilibrato e duraturo, trainato dalle imprese e dai loro investimenti.

Negli Stati Uniti si rafforza il processo di reindustrializzazione, imperniato sul new deal dell’energia, mentre l’Europa e il Giappone avanzano sulla via della ricostruzione. Per quanto riguarda i paesi emergenti, sarà necessario ribilanciare i consumi e gli investimenti nonchè migliorare la competitività. In questo scenario le banche centrali favoriranno la ripresa e staranno attente a non ritirare il loro appoggio troppo presto.

Le azioni si confermano la classe di titoli preferita. Le azioni europee dovrebbero offrire le migliori performances, poichè i premi al rischio hanno un forte potenziale di ribasso. Inoltre le azioni europee sono scambiate ai minimi della loro fascia di oscillazione storica. Dopo un decennio contrassegnato dall’exploit dei paesi emergenti e delle materie prime, assisteremo a una inversione di tendenza e i mercati azionari dei paesi sviluppati dovrebbero generare le performances più sostenute.

Relativamente alle obbligazioni, i tassi a lungo termine dovrebbero continuare a salire, sopratutto negli Stati Uniti. Il segmento delle obbligazioni governative rimane poco allettante; solamente il comparto delle obbligazioni societarie high yield offre ancora un potenziale di rendimento allettante per il prossimo anno, grazie ad un considerevole effetto cedola. Occorre comunque preferire le durate corte.

 

Una buona opportunità

305322Potrebbe essere un’occasione per incrementare la duration sulla curva italiana.

Il Tesoro ha annunciato un concambio per lunedì prossimo in cui offrirà il BTP Dicembre 2018, richiamando sostanzialmente emissioni in scadenza nel 2015. Sono emissioni che scadranno oltre l’ultima operazione di LTRO a 3 anni.

La parte a breve della curva ha molto ben performato da quando Draghi ha pronunciato le fatidiche parole “whatever it takes”, ed ora i rendimenti sono sostanzialmente stabili.

La curva italiana è estremamente ripida: tra il rendimento a due anni e quello a cinque anni ci sono più di 140 bps!!!.

Ci aspettiamo un’ ulteriore operazione di LTRO entro il primo trimestre del prossimo anno. Questo potrebbe favorire un processo di normalizzazione del mercato, con un ulteriore decremento dei credit spreads e un marcato appiattimento della curva dei paesi periferici.

Vediamo quindi l’operazione di concambio, come un’occasione per estendere la duration sulla curva italiana.

 

 

 

La teoria del controllo ottimale

whoops-articoloUn anno fa, nel Novembre del 2012, Janet Yellen ha spiegato al mondo la sua teoria del controllo ottimale. Ripercorriamo un passaggio del discorso pronunciato dalla prossima Presidente della Federal Reserve:

“Per derivare un tragitto per i tassi della Federal Reserve che combaci con gli obiettivi di equilibrio enunciati dal FOMC, credo che la politica monetaria debba puntare a minimizzare la deviazione dell’inflazione dal 2% e la deviazione del tasso di disoccupazione dal 6%, con pari considerazione per entrambi gli obiettivi. Nel ricercare il migliore tragitto dei i tassi federali per realizzare questi obiettivi, ipotizzerò che il FOMC seguirà il piano ottimale che andrò ad esporre oggi e che sarà in grado di valutare i suoi effetti sull’economia”:

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“Le linee blu con triangoli indicate come “politica ottimale” mostrano il tragitto che la Federal Reserve deve seguire. La politica ottimale per introdurre questo “approccio equilibrato” per minimizzare le deviazioni dall’inflazione e dal tasso di disoccupazione obiettivo consiste nel tenere i tassi vicini allo zero fino all’inizio del 2016, circa 4 trimestri in più rispetto a quanto indicato dalla linea di riferimento standard [linea nera, NdT]. Bisognerà poi tenere i tassi sotto questa linea fino al 2018.
Questa politica fortemente accomodante genera una riduzione più rapida del tasso di disoccupazione rispetto alla norma, mentre l’inflazione dovrebbe stare al di sopra della soglia del 2% a cui il FOMC punta per diversi anni”.

Con l’arrivo della Yellen alla direzione della Fed il tapering sarà più lento, ma difficilmente verrà cancellato. Stanley Fisher sostiene che i tassi non potranno che salire.

Salirà l’inflazione? La Yellen, pur restando inizialmente nell’ortodossia, ce la metterà tutta. Ha elaborato da tempo la teoria del controllo ottimale di inflazione e disoccupazione. Finché la disoccupazione rimarrà elevata, sostiene, sarà bene tollerare un’inflazione sopra il 2 per cento. Jan Hatzius interpreta con qualche malizia la teoria del controllo ottimale e la definisce una versione digeribile del targeting del Pil nominale.

Ricordiamo che se il Quantitative easing è l’atomica delle banche centrali, il targeting del Pil nominale è la guerra stellare. Se si pianifica infatti un Pil nominale in crescita, poniamo, del 5 per cento, questo 5, in mancanza di crescita reale, può e deve essere tutto di inflazione. Naturalmente tutti preferiranno un 5 di crescita e uno zero di inflazione, ma in caso di difficoltà del ciclo economico potrà anche essere il contrario.

I segnali dei surprise index

Kinder_Surprise_halvedGià il giorno successivo, per l’esattezza venerdi scorso, la risposta positiva al taglio tassi e al tono dovish imposto dalla BCE aveva perso slancio; la maggior parte dei mercati obbligazionari scambiava non molto distante dai livelli registrati alla fine della settimana precedente.

Nello specifico assisteremo probabilmente ad un ampliamento dello spread tra gli Stati Uniti e i paesi core dell’area Euro. All’interno dell’eurozona invece, gli spread tra paesi periferici e paesi core dovrebbe stabilizzarsi.

Su un orizzonte di più lungo termine sta emergendo un’altra opportunità, dopo quella della scorsa estate, per aprire posizioni corte sui principali mercati obbligazionari.

I surprise index sia ngli Stati Uniti, sia in Europa stanno diminuendo, avvicinandosi ad un punto di svolta ciclico. L’indice delle sorprese economiche mostra una tendenza al ribasso e stando all’esperienza degli ultimi anni, dovrebbe raggiungere un punto di svolta nelle prossime settimane.

sg2013111141839L’indice delle sorprese di inflazione è ai minimi da diversi anni: unitamente alle considerazioni relative al precedente indice, anch’esso presenta prospettive di svolta, che fanno prefigurare un’altra opportunità di vendita nei principali mercati obbligazionari.

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Focus sul mercato primario

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Dopo l’emissione monstre di oggi, la pressione sul lato dell’offerta di debito pubblico diminuirà in maniera considerevole.
Il Tesoro Italiano ha appena concluso la nuova emissione del BTP Italia Novembre 2017 per un ammontare record di 22,3 miliardi di euro. La dimensione delle richieste ha sorpreso un po’ tutti e rappresenta un ottimo biglietto da visita per le emissioni future.
In seguito al risultato dell’emissione odierna, ci aspetteremmo emissioni di debito più contenute sia a metà novembre che a fine novembre; la cancellazione dell’emissione di BTP di metà dicembre e un’emissione netta negativa di BOT in dicembre.
In sostanza assisteremo a una diminuzione della pressione di offerta, che sarà un fattore supportivo per i tassi di interesse sul debito italiano, almeno fino alla fine dell’anno.
Da inizio anno l’ammontare di emissioni domestiche (incluso il BTP Italia di oggi) si attesta a 243 miliardi di euro. Le emissioni lorde di BOT a circa 200 miliardi di euro. Per il 2013 le emissioni nette si attestano a circa 94 miliardi di euro.
Il grosso ammontare odierno collocato permetterà al Tesoro di utilizzare la disponibilità delle emissioni nette per effettuare degli aggiustamenti al piano di emissioni per quest’anno, anche in termini di tipologie di titoli.
Per quanto riguarda le emissioni a brevissimo termine, assisteremo probabilmente fino a fine anno ad una offerta netta negativa di circa 4 miliardi di euro di BOT, il che renderà lo strumento ben sostenuto nelle aste, sopratutto in Dicembre.
Anche per le aste a M/L termine assisteremo ad un’offerta ridotta da qui a fine anno: circa 15 miliardi di €, inferiore alla media di inizio anno. Se poi aggiungiamo i 20 miliardi di titoli in scadenza in Dicembre, i fattori supportivi per i titoli di Stato Italiani sono indubbiamente confermati.